"Ma non hai paura?" Mi giro e sorrido, accondiscendente. Guardo il mio interlocutore, è un uomo sui 60, bastone di legno e vecchi scarponi in pelle, negli occhi quella scintilla di amore che ha chi sta percorrendo per la milionesima volta il sentiero sulle montagne di casa. Ma come lui molti altri mi hanno rivolto la stessa domanda. Giovani o vecchi, uomini o donne, montanari o cittadini. Quando racconto del viaggio che sto facendo, sola a piedi per le Alpi, tutti mi rivolgono questa stessa domanda. E io a tutti dò la stessa vaga risposta: "E di che cosa?"
Mi fissa sorpreso, non era quello che si aspettava. Le labbra tirate, lo sguardo che si sposta sulle montagne, indica che sta cercando una risposta. Anche io torno a guardare le montagne. Il cielo è azzurro, fa molto caldo. Siamo in cima ad una lunga cresta erbosa, un mucchio di sassi che indica il punto più alto. Ai miei piedi si stendono colline boscose, che lentamente degradano nella pianura, dove il bosco lascia spazio a vigneti e città. In fondo il mare luccica. Il mare, la mia meta. Dopo lunghi mesi di cammino sono quasi giunta a destinazione. Sono molto stanca, non vedo l'ora di affondare i piedi stanchi nella sabbia fresca. Ma sono anche molto felice, soddisfatta ed orgogliosa per l'impresa vissuta.
Sono partita il 23 maggio. Anche se non è giusto dire che il mio viaggio sia cominciato quel giorno. Perché erano anni che lo sognavo e mesi che lo preparavo. Ho sempre amato fare lunghi viaggi a piedi, percorrere lente distanze che mi portassero da una montagna ad un'altra con la sola forza delle mie gambe, e il riparo incerto della mia tenda. Trovo che sia un modo unico e meraviglioso per conoscere e scoprire posti nuovi. E io volevo conoscere e scoprire tutte le Alpi. Da qui il sogno di percorrerle tutte a piedi, in una sola volta, tutte d'un fiato. Da molti anni cullavo questa fantasia, e finalmente si è presentata l'occasione. O meglio, me la sono creata. Sì, perché ho semplicemente deciso che era il momento giusto per realizzare questo sogno. Che potevo non lavorare per qualche mese, e partire. Ho preso questa decisione a febbraio, e da allora ho lavorato sodo per prepararmi, sia fisicamente che mentalmente. Oltre a lunghe camminate di allenamento con dentro lo zaino un sacco da 15 kg di pellet, ho studiato attentamente il percorso e tutte le varianti possibili, soppesando ogni opzione possibile. Ho pesato ogni cosa che mi sarei portata via, limando ogni grammo superfluo. Ho scaricato app utili sul telefono e anche fatto degli adesivi per "lasciare un segno" del mio passaggio. Quando finalmente è arrivato il gran giorno mi sembrava quasi di aver già fatto metà strada!
A Finale Ligure mi ha portata il mio compagno, che mi ha sempre sostenuta e incoraggiata in questa avventura. Avrei tanto voluto cominciare il viaggio con un bel bagno in mare, ma faceva così freddo che mi sono accontentata di bagnare i piedi. Una foto sulla diga, un ultimo bacio, e poi via! Quando ho iniziato a mettere un piede davanti all'altro, alle spalle il mare e di fronte le Alpi, non mi pareva vero. Sulle spalle pesavano, più che lo zaino, paure ed aspettative. L'entusiasmo era tanto, ma anche la paura di non farcela.
Dopo pochi giorni di cammino mi sono scontrata con al prima grossa difficoltà del viaggio, che mi avrebbe accompagnata per oltre un mese: la neve. Ed è stato un incontro duro, in una giornata spaventosa, dove sono affondata, scivolata, caduta e bagnata, e ho passato spesso punti resi pericolosi dal ghiaccio. Quel giorno ho deciso che non mi sarei più trovata in quella situazione. Non avevo l'attrezzatura necessaria ad affrontare neve e ghiaccio, e non volevo più trovarmi a rischiare. Così ogni giorno facevo cento telefonate per sapere lo stato dei sentieri, e spesso ho dovuto cambiare il percorso per rimanere a quote più basse. A volte mi è dispiaciuto, soprattutto dover saltare l'Argentera e girare attorno al Monviso... Ma sono stata contenta di non trovarmi più in situazioni spiacevoli.
È stato bello vedere la lenta avanzata della primavera. I boschi riempirsi di rumori, i prati coprirsi di mille tipi diversi di fiori. Ogni settimana potevo spingermi a quote più elevate, seguendo la ritirata della neve. Contemporaneamente anche il mio corpo si rafforzava. I miei piedi non facevano più vesciche, le gambe non si stancavano, le spalle sopportavano meglio il peso, la notte dormivo meglio. Il passo era più sicuro, e anche io mi sentivo più tranquilla e determinata. Trovai il mio equilibrio tra cammino e riposo, tra le notti in tenda e quelle coccolata tra le lenzuola, tra i pasti veloci e qualche lussuosa cena in ristorante. Sì perché mi piace l'avventura, ma anche la comodità! E durante questo viaggio ho apprezzato molto di più i piccoli lussi che ogni tanto mi concedevo.
Con l'avanzare della stagione aumentava anche la frequentazione dei sentieri. Ho incontrato molte fantastiche persone lungo la via. Un tedesco che faceva il mio stesso giro e con cui ho camminato qualche giorno. Un 70enne partito per camminare 60 giorni con 23 kg sulle spalle! Una coppia di austriaci con cui ho passato una piacevole serata in bivacco. Un padre con la figlia che mi hanno offerto un pranzo a fine giornata. Una spagnola in viaggio sulla sua bicicletta. Per non parlare dei fantastici rifugisti, albergatori, ristoratori, proprietari di campeggi, che mi hanno offerto aiuto, consigli, sorrisi e talvolta anche grappe e caffè! Davvero tante persone che mi hanno lasciato un caldo ricordo, che hanno reso il mio viaggio più colorato.
Così tra amicizie internazionali e paesaggi mozzafiato il mio cammino per il Piemonte è proseguito. Sono arrivata a Susa che mi sentivo fortissima, quanto avevo già camminato! Ormai non mi fermava più nessuno. Le valli torinesi mi hanno mozzato le gambe, e il meteo spesso nebbioso ha un po' spento l'entusiasmo. Arrivata a Ceresole ero su di giri per l'inizio della Valle d'Aosta, ma dopo un giro di telefonate ho capito che non si poteva fare, ancora troppa troppa neve in quota. Così mi sono rassegnata a proseguire in Piemonte e ad accontentarmi di brevi visioni sul ghiacciaio del Gran Paradiso prima, e del Monte Rosa poi, fino ad Alagna e poi su fino al Devero.
Qui ho avuto una battuta d'arresto. Erano ormai due mesi che camminavo. Ero molto stanca, sia nel corpo che nella mente. Ogni mattina partire era difficile, e durante la giornata contavo il tempo che mancava alla meta. Non volevo più dormire in tenda, ma sognavo la comodità dei rifugi. Non mi stavo nemmeno godendo il cammino, non guardavo le montagne e non parlavo con nessuno, concentrata solo sull'arrivare a fine giornata. Una mattina mi sono alzata, a fatica ho messo lo zaino in spalla e sono partita. Ma dopo mezz'ora di salita sono crollata. Non ne potevo più. Così senza grossi rimpianti ho girato i tacchi e sono scesa a valle. Sul treno che mi riportava a casa non ero troppo dispiaciuta, perché sapevo che non era una resa, ma solo una pausa.
Infatti sono ripartita qualche giorno più avanti. Fresca, riposata, e molto determinata. Un po' a malincuore ho deciso di saltare alcune tappe, perché ormai era quasi agosto e la stagione stringeva. La ripartenza è stata caratterizzata da una lunga settimana di pioggia quasi ininterrotta. Ma piano piano sono andata avanti, più determinata che mai. Mi sono concessa una breve deviazione per raggiungere il rifugio Vioz, a 3500 metri di quota, la tappa più alta del viaggio, dove ho passato una serata a guardar nevicare! Ho pianto un po' quando per la prima volta ho visto all'orizzonte delinearsi le Dolomiti, le mie montagne di casa. Il cambiamento da prima di Bolzano a dopo è stato traumatico: centinaia di persone sui sentieri, rifugi affollati all'inverosimile. Più gente significa più solitudine, in tutte le Dolomiti non ho fatto amicizia con nessuno, non ho chiacchierato né bevuto un caffè in compagnia, mi sentivo invisibile tra la folla. Per fortuna c'è stato qualche amico che mi è venuto a trovare, una breve pausa a casa coccolata dalla cucina di mamma e il mio compagno che ha approfittato delle ferie per camminare con me qualche giorno.
Infine ho affrontato la Carnia, di nuovo un po' di tranquillità, qualche sentiero selvaggio, e rifugi che non sono alberghi. Ed ora sono arrivata qui, al termine dell'ultima lunga salita del viaggio, ai miei piedi la dolce discesa verso il mare. Sono così emozionata all'idea che la meta sia così vicina! In tutto sono in viaggio da più di tre mesi. Durante questi mesi ho affrontato momenti difficili, imprevisti e paure. Eppure sono riuscita a superarli, uno per uno, contando solo sulle mie forze.
Mentre ripenso a tutto quello che ho affrontato guardo l'uomo che ho di fronte, e che mi ha chiesto se non avessi paura a viaggiare da sola. Come lui molti altri mi hanno posto la stessa domanda, e io sono un po' esasperata. Lui è ancora lì che pensa a come rispondermi, un po' imbarazzato azzarda "degli animali selvatici". Ma so che non è questo quello che pensa realmente, non è la risposta che vorrebbe darmi. Non ha il coraggio di ammettere che la domanda è nata da una radicata convinzione che una donna non debba viaggiare da sola per le montagne. Sbircia verso di me, e vede una donna libera da pregiudizi, determinata e sicura di sé. Io sorrido, un po' ironica e un po' dispiaciuta al vederlo così imbarazzato. "Se fossi stata un uomo non mi avresti fatto questa domanda. Eppure perché una donna dovrebbe aver paura ad andare in montagna da sola? La montagna ha i suoi rischi e pericoli, indipendentemente dal sesso di chi la affronta. Ogni donna dovrebbe sentirsi libera di avventurasi tra i sentieri, anche sola. Io oggi sono una persona diversa da quella che tre mesi fa è partita carica di dubbi e paure dalla Liguria. E penso che ogni donna abbia il diritto di realizzare il proprio cammino, che sia a piedi per le Alpi, o nello studio o nel lavoro, o un viaggio all'estero o un 8000. Ognuna è libera di cercare la propria strada e realizzare i propri sogni. Non sei d'accordo?"
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